UNA STORIA NELLA STORIA

la Sicilia

un breve percorso sulla storia dell’enogastronomia Siciliana e su come essa, in realtà si configuri come la base culturale e scientifica di quelle conoscenze che oggi sono incluse nel concetto che definiamo – dieta mediterranea.

 Nella lunghissima storia della Sicilia, prima dell’unificazione del Regno d’Italia, si possono contare svariate dominazioni (fenicia, greca, romana, dei Franchi e dei Goti, bizantina, islamica, normanna, angioina, aragonese, spagnola, piemontese e austriaca, borbonica), alcune molto lunghe, altre di breve durata; dominazioni che, tuttavia, sovrapponendosi alla cultura autoctona, hanno arricchito il patrimonio culturale e sociale forgiando i caratteri fondamentali e particolarissimi del popolo siciliano. La gastronomia siciliana vanta, in modo evidente, tradizioni molto antiche. 

 Le origini appartengono addirittura al mito che narra dei Ciclopi o Giganti che avrebbero fatto la loro comparsa in Sicilia a seguito del diluvio universale. Il Ciclope Polifemo, di omerica memoria, che fece prigioniero Ulisse ed i suoi compagni di viaggio, si narra mangiasse formaggio e bevesse vino. Per la prima volta, il formaggio ed il vino entrano, quindi, nella storia umana e trovano la loro prima collocazione proprio in Sicilia.

Passando dal mito alla storia, i primi conquistatori di cui si registra l’approdo in Sicilia sono i Fenici, che dal XII all’VII secolo a. C. colonizzano la costa occidentale dell’isola che apparteneva ai Cartaginesi, fondatori di Zyz, Mozia e di Solunto. I Fenici erano grandi mercanti di vino e di pesce e, probabilmente, furono gli ideatori delle tonnare. A metà dell’VIII secolo a.C., nell’isola convivono tre diversi popoli, i Siculi nella parte orientale, i Sicani in quella occidentale e gli Elimi in quella nord-occidentale. È in questo periodo che i Greci cominciano i loro insediamenti con la fondazione di Naxos per mano dei Calcidesi (735 a.C.) e di Siracusa per opera dei Corinzi. Vengono fondate man mano diverse città: Zancle, Megara Hyblaea, Katane, Leontinoi, Akragas, Selinunte, Imera, Ghelas, ecc.

Nel III terzo secolo d.C., si registrano i primi segni della decadenza di Roma: la Sicilia subisce le incursioni dei Franchi e le scorrerie dei Goti, sino a quando Giustiniano, imperatore dell'Impero d'Oriente, manda in Sicilia le sue truppe, i Bizantini, che occuparono l'isola per circa trecento anni, fino all'827. 

Di quest'arco di tempo, dal punto di vista gastronomico, sappiamo che le carni ‘venivano cotte con giganteschi spiedi e che alto fu il consumo di formaggi piccanti.

Il formaggio veniva cotto fino alla fusione, si usava il latte acido e le uova come legante oltre che come piatto a sé. In pasticceria, si preparavano biscotti al miele, trai quali quelli sbollentati prima di essere cotti in forno, i viscotta scauràtì che ancora oggi si producono in Sicilia.

Nell'827 d.C., comincia il periodo della dominazione degli Arabi che dalla costa africana cominciarono a conquistare l’isola. La prima città a passare sotto il loro dominio fu Mazar (Mazara del Vallo), quindi Mars Allah (Marsala) e poi, man mano, Palermo (831), Messina (843), Castrogiovanni (l’odierna Enna, nell’859).

Per un breve periodo, rimasero bizantino Siracusa e Taormina, ma nel 902 d.C. tutta la Sicilia passo sotto la dominazione araba.

Gli Arabi erano portatori di una cultura molto raffinata, erano ottimi imprenditori e ottimi amministratori. La loro dominazione non miro a sottomettere i Siciliani ma ad integrarli nella loro cultura. La Sicilia, il 'giardino arabo`, fu divisa in `tre valli Val di Noto, Val Demone e Val di Mazara.

A Palermo, centro della Sicilia araba, furono edificate circa duecento moschee, il porto intensificò ricchi commerci; arte, cultura ed agricoltura divennero molto fiorenti.
Gli Arabi introdussero l'arte della distillazione, nuove piante, costituirono i primi agrumeti, la coltivazione della canna da zucchero, del riso, del cotone, del melograno e del pistacchio, del carrubbo, delle melanzane; incrementarono la coltivazione di albicocche e ortaggi delicati come gli asparagi; intensificarono le colture delle pesche e delle albicocche.

Svilupparono anche importanti innovazioni nella coltura dei campi; fu, infatti, il giardino fruttifero a rappresentare la "rivoluzione agricola" araba che si manifestò nei suoi caratteri originali non tanto per l’introduzione di singole tecnologie quanto per la diffusione di un nuovo sistema costituito da piante, tecniche, conoscenze, elaborate dalle grandi civiltà agricole,  integrate in un’organizzazione sociale ed economica anch’essa nuova.

Gli Arabi insegnarono anche l'arte di seccare fichi ed uva; diffusero spezie esotiche provenienti dall'Oriente come canfora, macis, muschio ed ambra, zafferano, cardamomo e cannella. Per merito degli Arabi, giunsero in Sicilia anche il sesamo, il miglio, i meloni, lo scalogno, lo zucchero ed, infine, la palma da datteri ed i fichidindia.

Se il riso, che ebbe origine in Asia e giunse in Sicilia proprio attraverso la dominazione araba, rappresenta certamente l’elemento essenziale della tradizione siculo-araba, è, tuttavia, la pasticceria il settore dove gli Arabi hanno lasciato maggiormente la loro impronta. Sono di origine araba molti dolciumi come le crìspeddi di riso col miele, la cassata, il marzapane, le sfìngi e altro ancora.

Inoltre, pare siano stati gli Arabi gli inventori del sorbetto e della cubbaìta di gigiulena, dolce fatto con miele, mandorle e semi di sesamo, consumato ancora oggi.

 Gli Arabi produssero, dunque, una vera e propria rivoluzione nelle abitudini alimentari dei Siciliani, grazie anche all’introduzione e alla diffusione di nuovi alimenti e bevande prima sconosciuti nell’isola.

  
Ma i Siciliani non accettarono, tuttavia, passivamente le influenze gastronomiche arabe, ma le arricchirono, le perfezionarono, le adattarono al loro gusto. Basti pensare all’uso arabo di prendere con le dita da una parte il riso lessato e dall’altra pezzettini di carne: da questa usanza presero spunto i Siciliani per inventare le arancine di riso, ancora oggi una delle migliori e più famose prelibatezze della cucina siciliana.

Va ricordato, inoltre, come legato a quel periodo, lo zammu, una bevanda a base di anice e acqua.

Dopo quella araba, la Sicilia conosce la dominazione prima dei Normanni (1061-1194) che cacciarono l’Islam dall’isola e, poi, quella degli Svevi (1194-1266) culminata, con il regno di Federico II, in uno dei periodi di maggiore splendore della storia millenaria siciliana.

 Questo è un altro periodo felice per la Sicilia, anche dal punto di vista gastronomico. Sotto il regno di Federico ll, i Siciliani conobbero baccalà e pesce stocco, importati dall'Europa del Nord. I primi esemplari arrivarono nel porto di Messina, città nella quale l'usanza si radicò al punto che ancora oggi lo stoccu è una delle specialità principali della gastronomia locale. Si diffusero anche le aringhe affumicate, la preparazione di umidi e salse, ancora non noti altrove. Nelle grandi casate compaiono i siniscalchi e i monzù.

È questo il periodo in cui vengono creati i cibi conventuali  nelle cucine dei frati e delle suore. Si diffuse anche l’uso di cuocere le carni allo spiedo; mentre, in Sicilia si usavano ancora i fornelli e la brace.  

Durante il regno normanno, inoltre, mentre l’agricoltura delle zone costiere mantenne ed, anzi, accentuo il carattere ortofrutticolo che gli Arabi vi avevano impresso, nelle aree interne si ritornò al regime latifondistico che aveva segnato il periodo romano.   

Venne, quindi, il turno della dominazione francese degli Angioini (1266-1302). Nessuna rilevante novità gastronomica risulta esserci stata in questo periodo. Tuttavia, agli Angioini si fa risalire, in effetti, il fursumagru che in origine si chiamava rollò, comincia l’uso della cipolla al posto dell’aglio e nei sughi e quello della pasta frolla.

Sono risalenti a questo periodo anche alcuni termini che indicano diverse specialità culinarie, tuttora in uso in Sicilia, come ragù, gattò , sanfasò sciabbò, fricassé .

Alla dominazione degli Angioini si accavalla quella degli Aragonesi (1282-1516). Con Pietro III d'Aragona nasce, infatti, il Regno di Sicilia che, dopo la guerra del Vespro, passa a Federico III d’Aragona. La gastronomia siciliana vive un altro periodo d'oro. Si arricchisce di fritture, di nuove tecniche come la doratura dei piatti, che vengono spennellati con l’uovo e grigliati al forno; di elaborazioni dei monzù; dell'invenzione di dolciumi raffinati, quali il biancumanciàri.

È questo il periodo  dello sviluppo della cucina conventuale e della pasticceria monacale. A Palermo, in  quasi tutti i conventi di suore, si preparano dolci su ordinazione per le case dei ricchi e ciascun convento si specializza in alcune tipologie che diventeranno famose e si protrarranno nel tempo.

La dominazione degli Spagnoli (1517-1713) comincio con l’ascesa al trono di Carlo V d’Asburgo. Sotto gli Spagnoli, non si ricorda la nascita di nuovi piatti ma, dopo la scoperta dell'America, arrivarono in Sicilia alimenti sino ad allora sconosciuti, come pomodori, peperoni, patate, cacao, vaniglia, ananas, tacchino, che i Siciliani elaborarono e prepararono in maniera originale.

A differenza di quanto spesso si afferma, era invece già diffuso in Sicilia il fagiolo. Erano stati i musulmani, infatti, a portarlo in Sicilia nel IX secolo, da quel territorio detto "mezzaluna fertile", identificabile oggi con Siria-Libano-Egitto, dove si coltivavano quei nuovi prodotti caratteristici di aree geografiche, come la Persia o l’India, raggiunte dalla mezzaluna  di  Allah.

La pace di Utrecht del 1713 assegno, per breve tempo, la Sicilia ai Piemontesi e agli Austriaci, dopodiché vi dominarono i Borboni fino all‘Unità d'ltalia (1860-61): la cucina era ormai evoluta e trovò i suoi centri di elezione nei fastosi palazzi dei  'gattopardi' e nelle mense degli alti prelati, che si contendevano i più abili monzù d'oltralpe, cioè i maestri di cucina più rinomati.

 la Sicilia, oggi regione autonoma, conserva e valorizza le proprie tradizioni e la propria cultura istituitesi grazie alla  lenta sedimentazione di incontri millenari.

Se volessi adesso, a conclusione di  questo breve ed inevitabilmente incompleto, ma, comunque, affascinante viaggio attraverso quasi tremila anni di storia, individuare il tratto caratteristico della cucina siciliana, strabiliante e opulenta per ingredienti, sapori, profumi, colori, preparazioni e messinscena delle portate, potremmo dire che tutti i piatti nascono dal territorio e si evolvono grazie agli apporti successivi legati alle culture e alle tradizioni dei popoli che hanno dominato nei secoli la Sicilia.

Ed è proprio per la ricchezza di questi originali e multiformi contributi culturali che molti piatti siciliani raggiungono i vertici dell’eccellenza culinaria.

 

 

Fonti:

prof. Giacomo Dugo ordinaro di Chimica degli Aliemti Università di Mesina

prof. Italo Biddittu Archeologo Antropologo direttore museo di Pofi